San Francesco e la diffusione del culto dopo la sua morte - StoriaMeridiana

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La Società Internazionale di Studi Francescani terrà in Assisi dal 15 al 17 ottobre un convegno dal titolo “Frater Franciscus, storia e attualità”


L’UOMO CHE CHIAMAVA LA MORTE “SORELLA”: ASSISI 4 OTTOBRE 1226

L’anno chiave per il movimento francescano sarà anche il 1253, quando vennero inaugurate tante iniziative e opere in onore del Santo
Nella notte tra sabato 3 e domenica 4 ottobre 1226 lasciò la vita terrena Francesco D’Assisi. Chiamò persino la sua morte “sorella” e questo la dice lunga sullo spessore dell’Assisiate. I suoi frati, precedentemente allarmati dalle sue condizioni di salute, accorsero da tutta Europa per assistere e pregare in quelle ultime ore di vita del loro fondatore affollando la Porziuncola.
Subito dopo la morte il mondo ecclesiastico fece di tutto per rendere il Santo un simbolo della rinascita della Chiesa e grazie all’opera dei suoi instancabili frati si riuscì a condurre l’ordine in ogni parte d’Europa e persino in Terrasanta.
A distanza di quasi ottocento anni San Francesco continua a far parlare di sé, come se non si fosse scritto già tutto su di lui, e non ultimo sarà l’evento organizzato dalla Società Internazionale di Studi Francescani, che si terrà in Assisi dal 15 al 17 ottobre. Il convegno ha come titolo “Frater Franciscus, storia e attualità”, durante il quale parteciperanno i più grandi studiosi e ricercatori, non solo del Santo di Assisi ma anche del medioevo in generale.
Il tema scelto ha un concetto temporale molto ampio, perché abbraccia sia “la storia” del Santo, sia la sua importanza nell’epoca odierna. Anche oggi infatti ci si interroga su molti aspetti del suo passato e su quanto abbia influenzato con la sua presenza e il suo insegnamento, tutte le epoche e su quasi tutti i fronti: il senso cristiano della missione, la rivoluzione culturale in seno alla Chiesa (del XIII come del XXI secolo), così come l’architettura, il senso del paesaggio, la letteratura e il linguaggio. Ma anche la diplomazia, la politica, l’arte della mediazione, l’intercultura, il dialogo tra popoli e religioni. La vita di San Francesco possiede centinaia di domande e centinaia di risposte. Possiede le chiavi per aprire tutte le porte di ieri e di oggi, perché la sua esperienza, umana e spirituale, anche post mortem, è pregna di segnali, di input, che ognuno di noi può cogliere.
Come si fa a non parlare di San Francesco quindi? Quello che mi ha sempre affascinato del Poverello di Assisi è stato il concetto di territorio. Così essenziale e così vasto. Talmente esteso che ogni zona d’Italia possiede un luogo a lui consacrato, un segno del suo (anche ipotetico) passaggio, un convento dei suoi frati, un dipinto a lui dedicato, una cappellina. È in assoluto il Santo più studiato, più amato e più conosciuto in Italia, tanto da essere stato nominato “patrono d’Italia”. Ne ha tutte le motivazioni.
Perché il passaggio di San Francesco spesso è considerato solo ipotetico? Perché escludendo la sua presenza certa nei luoghi simbolo della sua storia, testimoniato dalle tante agiografie riconosciute, la maggior parte dei luoghi che celebrano il passaggio o la presenza del Santo di Assisi sono poggiate su ipotesi, leggende locali, miracoli in suo nome, ricostruzioni storiche. Tra i maggiori indizi relativi al suo, seppur temporaneo, passaggio è la presenza di piccole cappelle, la creazione di comunità di frati minori e l’immancabile miracolo associato al nome del Santo. L’ho riportato più volte nei miei scritti su Frater Franciscus, ma è necessario ribadirlo: il Poverello di Assisi, quando era ancora in vita, era già considerato un Santo e la devozione popolare nei suoi confronti era talmente elevata da sovrastare la figura papale, creando suggestioni, conversioni, apparizioni e clamorosi miracoli. Per questo il suo territorio è enorme ed è per questo che il “Trattato dei Miracoli” (che scopriremo meglio nel prossimo appuntamento), completato da Tommaso da Celano tra il 1252 e il 1253, quasi trent’anni dopo la sua morte, racconta soprattutto avvenimenti postumi alla sua santa morte. Un documento che servì soprattutto ai suoi ordini e che fu un prezioso testimone sulla diffusione del culto di Francesco, attorno alla metà del secolo XIII, in tutta Europa che promosse anche l’edificazione di chiese; altari e di immagini in suo onore. Non è chiaro inoltre se i miracoli siano avvenuti in luoghi già influenzati dal francescanesimo (presenza di chiesa o convento), oppure se furono questi episodi ad essere da volano per la diffusione stabile e definitiva del culto in quell’area.
Il percorso fatto realmente dal santo è solo ipotizzabile anche se è vero che percorse più volte Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo. È vero anche che percorse un paio di volte il tragitto verso il santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano, è anche vero che si è imbarcato per la Terrasanta (ed i porti all’epoca adibiti per questo scopo erano tutti in Puglia). Pertanto ipotizzare il passaggio del Santo in determinati luoghi, lungo gli assi viari del XIII secolo (alcuni di questi ancora legati ai fasti dell’impero Romano) è altamente probabile. Ma ipotizzare la presenza fisica in aree al margine di queste arterie è davvero difficile oltreché improbabile. Resta anche un dato inconfutabile: all’epoca era un fraticello riconoscibile da pochi e facilmente confondibile con altri confratelli.
Nei fatti il Trattato dei Miracoli, che raccoglieva esperienze sparse, magari raccontate anche dai frati disseminati lungo lo stivale, divenne in breve tempo non solo il timbro della presenza francescana in un determinato territorio, giustificando devozione e pellegrinaggi, ma divenne anche fonte di ispirazione artistica e letteraria. Basti pensare che anche alcune scene del trattato vennero riprese da Giotto di Bondone per la decorazione della Basilica Inferiore. Ancora poco più che ventenne il pittore, specializzatosi nell’iconografia francescana, dal 1288 in poi, dedicò ai miracoli del Santo alcuni affreschi.
Una delle tante curiosità scaturite dalla interpretazione temporale degli avvenimenti accaduti successivamente alla morte del Poverello di Assisi è proprio la concomitante produzione di alcune opere in suo onore. Nel 1253 Tommaso da Celano termina il suo “Tractatus de miraculis Beati Francisci”, così come nello stesso anno venne terminata l’edificazione della Basilica Superiore di San Francesco, priva ovviamente del suo corredo pittorico e ricordo come la Basilica Inferirore venne edificata in tempi di record anche grazie all’opera di Frate Elia. Nello stesso anno Papa Innocenzo IV dà  il via ad una serie di iniziative tese alla sua ultimazione e decorazione, ma anche altri impulsi tesi a rafforzare l’ordine francescano e l’immagine della cittadina umbra. Infatti Innocenzo IV nel 1253, orfano del suo nemico principale, ovvero Federico II, morto tre anni prima, consacra ben quattro chiese in Assisi e trasferisce nei primi mesi dello stesso anno la corte papale nella stessa città umbra, con sede nel sacro convento di San Francesco. Un segnale fortissimo accompagnato anche dal riconoscimento della regola della Clarisse, avvenuto il 9 agosto, ovvero giusto qualche giorno prima della scomparsa di Chiara d’Assisi.
Un rapporto strettissimo quello tra Innocenzo IV e Santa Chiara testimoniato anche dalle visite che in San Damiano il Papa riservò alla stessa prossima alla morte. Non finisce qui. Sempre nel 1253 Innocenzo IV nomina il primo Vescovo francescano in Assisi, ovvero Niccolò da Calvi. Da quel momento vennero promossi una serie di progetti in tutta Italia nel segno dei Frati Minori e delle Clarisse,  ed in generale sul culto di San Francesco e Chiara D’Assisi. Nuovi conventi, chiese e cappelle sorsero ovunque, raggiungendo le periferie, i borghi e ogni luogo nel segno di San Francesco. Un’ulteriore curiosità: nel Trattato di Tommaso da Celano non ci sono miracoli segnalati nel nord Italia, sono per la maggiore tutti relegati nel centro-sud Italia. Questo dettaglio può aprire nuovi interrogativi sulla diffusione del culto del Santo nel nostro meridione e sulla ramificazione dell’ordine dei minori nelle nostre regioni.
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del patrimonio storico, artistico e culturale del sud Italia
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